Non si può mettere l’Africa in una parola, in una frase. Come descrivere quel cielo infinito, quei tramonti immensi, quei colori saturati, quel senso di ritorno alle origini, come se ci ricollegassimo con un sentimento ancestrale che ci fa sentire al posto giusto, seppur in una realtà così diversa da quella a cui siamo abituati? È il Mal d’Africa, e non c’è niente che si possa fare per curarlo, se non tornare e immergersi di più e più a fondo in una terra che ha storie infinite da raccontare, mondi infiniti da scoprire.
Questo si propone di fare il Four Seasons Safari Lodge Serengeti, un’oasi privilegiata nella “pianura sconfinata” che è il Serengeti National Park, una delle riserve naturali più celebri al mondo. Qui l’uomo è niente, e il nostro mondo è lontano come Marte. Questo è il regno dove i “Big Five” – il leone, il leopardo, il bufalo, l’elefante e il rinoceronte – corrono liberi sul paesaggio infinito e selvaggio, dove la terra vulcanica impedisce la crescita di piante ad alto fusto, dove l’occhio vede praterie fino all’orizzonte e oltre.
In questo regno s’incastona il Four Seasons Safari Lodge Serengeti, arroccato su una serie di piattaforme e passerelle sopraelevate che diventano parte del paesaggio stesso. Il corpo principale della struttura, così come le terrazze delle suite, la sala delle colazioni, il ristorante Kula, la Maji Terrace e l’infinity pool a sfioro, affacciano su quella che a un primo sguardo potrebbe sembrare una semplice pozza d’acqua, ma che in effetti è un abbeveratoio per animali. Così, da questo punto privilegiato, l’esperienza surreale di bere un cocktail mentre una mandria di zebre pascola tranquilla intorno allo stagno, o fare un bagno in piscina guardando, a pochi metri, una famiglia di elefanti fermarsi per il loro “drink” mattutino, diventa realtà.
Ma il clou dell’offerta del resort – così come suggerito dal nome – è l’esperienza Safari: significa “viaggio” in swahili, un viaggio che non è solo fisico, ma in qualche modo spirituale. Perché vedere la fauna selvatica nel suo habitat, fiera e selvaggia così come la Natura l’ha creata, è qualcosa che cambia l’io più profondo. Sotto lo sguardo vigile e la protezione costante delle popolazioni locali di tribù Masai, il Lodge organizza una serie di modalità diverse di Safari: si può scegliere quello classico a bordo di una jeep e avvistare leoni, giraffe, antilopi e una stupefacente quantità di altri animali, essendo il territorio del parco sulla rotta di migrazione delle grandi mandrie.
Walking Safari al Four Seasons Safari Lodge Serengeti
Oppure, per un’immersione ancora più totale, il Four Seasons Safari Lodge Serengeti propone il walking safari: 90 minuti di percorso a piedi per una scoperta intima della riserva, guidati da un naturalista, da guardie forestali e da guide Masai, che durante la passeggiata indicano tracce di animali, descrivono piante e spiegano a fondo l’ambiente circostante. O ancora, per un colpo d’occhio spettacolare, decidere di esplorare il parco dal cielo grazie al Baloon Safari, un viaggio da favola a bordo di una mongolfiera alle prime luci dell’alba, ammirando la savana tingersi di mille sfumature, le mandrie correre nelle pianure infinite e brindando con lo champagne alla nascita di un nuovo giorno.
Ina volta tornati in questa “casa di charme” nel cuore dell’Africa che è il Four Seasons Safari Lodge Serengeti, e indipendentemente da come si è passata la giornata, non si puà resistere ai richiami della Spa. Un luogo di armonia e quiete, dove ripristinare l’energia, esteriore e interiore con uno dei trattamenti ispirati all’incredibile natura di Serengeti, come per esempio il Kifalme Ritual, a base di essenza guaritrice del Baobab. Ogni trattamento si conclude con un fragrante bagno nel latte, organizzato nella terrazza privata della camera, dove il panorama è tanto vasto quanto pacifico e selvaggio.
Ed ecco che, pensando di dover lasciare questa infinita immensità primordiale, si avverte una fitta di nostalgia, per le esperienze già indimenticabili vissute grazie al Four Seasons Safari Lodge Serengeti. Perdersi per ritrovarsi, per perdersi ancora. Questo è il Mal d’Africa.